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Tempo di fave

Tempo di fave

“Allirgu, o seddoresu,
torrad’ est sa faiscedda
immui fullia attesu
sa pezza e sa sparedda,
de is prangius chi fiast usu
non sindi fueddi prusu…”

“Rallegrati sanlurese
E’ tornato il tempo delle fave
adesso butta via la carne e i pesci
Dei pranzi che facevi prima
adesso non se ne parli più..”

L’incipit di questa allegra filastrocca “Seddoresu pappa fa – Sanlurese mangia fave” dedicata agli abitanti di Sanluri, località del Campidano, rende testimonianza del consumo di questo legume in tutta la Sardegna, che le dedica anche molte sagre. Oltre Sanluri, occorre ricordare la sagra delle fave che si svolge a OllastraPauli Arbarei e Ilbono.
Il consumo delle fave, dal bacello carnoso e cilindrico, viene ascritto a tempi remoti.
Tra i legumi sono le meno caloriche in assoluto, ma contengono più proteine rispetto ai fagioli; ricche di calcio, fosforo, sodio, potassio, ferro, magnesio, zinco e selenio e moltissime vitamine ( B1, B2, B3, B5 e B6 e la vitamina C), occorre però ricordare che con la cottura la maggior parte delle vitamine e dei sali minerali viene perduta. Anche il processo dell’essiccazione altera la componente vitaminica e minerale. Sembra che il consumo di fave, ricche di ferro, sia utile per contrastare l’anemia, ma è anche una fonte di levodopa, farmaco d’elezione nella lotta contro il morbo di Parkinson.
Le foglie essiccate di fave sono sfruttate in erboristeria come rimedio naturale per stimolare la diuresi. La presenza abbondante di fibre alimentari favorisce l’attività dell’intestino contribuendo all’eliminazione di tossine e scorie; la vitamina C invece, oltre che a proteggere l’organismo dalle malattie permette anche l’assorbimento del ferro contenuto nelle fave stesse.
Purtroppo per alcuni soggetti predisposti, il consumo delle fave può rivelarsi molto pericoloso; infatti esistono persone che a causa di una patologia ereditaria non sono in possesso di un enzima indispensabile per neutralizzare gli effetti nocivi di alcune sostanze presenti nelle fave. Questa patologia prende il nome di favismo e, a seconda della sua gravità, può causare gravissimi problemi anche solo in presenza di fave.
Le fave più giovani sono quelle che meglio si prestano ad essere consumate crude mentre, al contrario, quelle più mature vanno consumate cotte, da sole come nella favata, o accompagnate dalla presenza di altri legumi nelle zuppe e minestre.

 

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